“Observability” è una parola che negli ultimi anni è entrata nel vocabolario quotidiano degli sviluppatori. Ma cosa significa davvero? È solo un sinonimo elegante di monitoring, o c’è qualcosa di più? In questo breve articolo proviamo a chiarire il concetto e sfatare alcuni miti comuni.
La definizione essenziale
In ingegneria dei sistemi, l’osservabilità è la capacità di comprendere lo stato interno di un sistema complesso osservandone solo l’output. Nel contesto software, questo significa poter rispondere a domande come:
- Perché questa richiesta ha impiegato 3 secondi?
- Perché questo servizio è andato in errore?
- Cosa stava succedendo nel sistema quando si è verificato il bug?
Se il tuo sistema ti permette di rispondere a queste domande senza dover aggiungere codice, allora è osservabile.
Observability ≠ Monitoring
Il monitoring risponde a domande che conosci già. Esempio:
- “Mandami un alert se l’uso della CPU supera l’80%.” L’osservabilità ti permette invece di esplorare l’ignoto. Esempio:
- “Perché solo i clienti tedeschi hanno avuto un timeout oggi?”
💡 In breve: monitoring = noto. Observability = sconosciuto ma indagabile.
Gli strumenti non sono l’observabilità
Un errore comune è pensare che basti raccogliere log, metriche e trace per “avere observability”. Ma non è così. Gli strumenti sono segnali — servono, ma da soli non bastano:
- Se i log non sono strutturati, non aiutano.
- Se le metriche non hanno contesto, sono inutili.
- Se le trace non sono collegate tra loro, non raccontano la storia.
L’osservabilità è una proprietà del sistema. Gli strumenti la abilitano, ma è il modo in cui vengono usati che fa la differenza.
Perché ne abbiamo bisogno?
Perché oggi i sistemi non sono più semplici:
- Microservizi
- Code asincrone
- Chiamate tra regioni cloud
- Failover e retry automatici
In questo mondo, il classico approccio “log + alert email” non basta più. Serve uno stack osservabile, in grado di dare contesto, correlare eventi e guidare l’indagine.
Come si costruisce l’osservabilità?
Non è un prodotto che si compra. Si costruisce così:
- Strumentando il codice in modo coerente
- Correlando segnali tra servizi
- Definendo convenzioni e standard condivisi
- Separando raccolta e visualizzazione, per restare flessibili
Ed è qui che entra in gioco OpenTelemetry.
Conclusione
L’osservabilità non è un tool, né un cruscotto. È la capacità di fare domande al proprio sistema e ottenere risposte affidabili. Nel prossimo articolo vedremo come OpenTelemetry aiuta proprio in questo: è lo standard open-source che permette di raccogliere, strutturare e unificare i segnali osservabili — in modo vendor-neutral e portabile.
👉 Continua la serie: Cos’è OpenTelemetry e perché tutti ne parlano